I valori non si tassano
Arci: difendiamo il diritto di associarsi sancito dall’art. 18 della Costituzione
Dal primo gennaio del prossimo anno, le organizzazioni del Terzo settore potrebbero dover sottostare al regime IVA. L’Arci si è immediatamente attivata per evitare questa modifica normativa, ritenendo essenziale proteggere il ruolo sociale, politico e culturale dell’associazionismo.
Durante le discussioni sulla Legge di Bilancio, l’organizzazione sta promuovendo un’iniziativa di sensibilizzazione pubblica, sollecitando le istituzioni ad assicurare nella prossima Manovra il riconoscimento della natura non commerciale degli enti del Terzo settore, escludendoli dall’ambito IVA.
Se non si interviene per modificare questa direzione, le associazioni dovranno affrontare un incremento degli obblighi amministrativi, particolarmente gravoso per le piccole realtà associative che rappresentano spesso gli unici centri di aggregazione nelle comunità locali.
L’inclusione del Terzo settore nel regime IVA significherebbe paragonare le associazioni alle imprese commerciali, trasformando il legame tra associazioni, soci e comunità in una mera relazione commerciale. Questo approccio va contestato per preservare il ruolo costituzionale delle associazioni, particolarmente importante nell’attuale contesto di disgregazione sociale.
Questa modifica normativa comprometterebbe l’indipendenza delle associazioni, limitando la loro capacità di autofinanziarsi e complicando le loro attività con pesanti oneri burocratici. Inoltre, questo cambiamento non porterebbe a maggiori entrate fiscali, ma potrebbe addirittura ridurle, considerando che attualmente le associazioni non recuperano l’IVA sugli acquisti, mentre in futuro potrebbero detrarla.
La riforma del Terzo settore ha indicato una direzione che unisce partecipazione democratica e giustizia sociale nella creazione di nuovi modelli di welfare, come evidenziato dalla Corte costituzionale nel 2020: “Si è identificato così un ambito di organizzazione delle ‘libertà sociali’ non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle ‘forme di solidarietà’ che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente”.
Questo è il percorso stabilito. È necessario ora credere in questa visione e sostenere concretamente le numerose associazioni del Terzo settore in Italia.