Per il diritto all'amore e alla cultura di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci In queste settimane successive alle stragi parigine del 13 novembre, numerosi dibattiti televisivi e un po’ tutto il circuito mediatico mettono in evidenza il dialogo tra le confessioni religiose come elemento di pacificazione e antidoto risolutivo al terrorismo, inteso come guerra che troverebbe fondamento (per quanto ci riguarda solo ‘apparentemente’) in una religione ispirazione. Mai come oggi le fedi religiose hanno invaso totalmente la dimensione pubblica, la discussione su scuola e formazione, la vita istituzionale, i diritti di libertà. Sembra scomparsa la dimensione laica, e spesso si registra una sorta di arretramento, anche rispetto a regole e opinioni già esistenti e consolidate, talvolta in nome dello scoop mediatico e della strumentalità, talvolta in nome del razzismo e dell’odio (è significativo in questo senso la polemica sulla festa di Natale nella scuola di Rozzano). Per la nostra associazione, che affonda le proprie radici nei valori della solidarietà laica (assai meno visibile della consorella religiosa), è importante svolgere il proprio ruolo di agente di difesa e promozione dei diritti civili e della sua declinazione nella direzione della riduzione delle disuguaglianze sociali, economiche e culturali. È il motivo principale per cui in questi giorni abbiamo concentrato il nostro impegno su due direzioni. Abbiamo voluto ricordare in occasione del 10 dicembre, Giornata dei Diritti Umani, la permanenza e persistenza nel nostro paese di una grave ingiustizia: il mancato riconoscimento della dimensione ‘neutra’ dell’amore. La legge italiana riconosce il legame affettivo solo se sancito dal matrimonio tra persone di sesso diverso. Con la campagna#giafamiglia, che abbiamo lanciato sui social network, abbiamo voluto dare voce a tutte e a tutti coloro che vivono questa condizione, senza ottenere un riconoscimento pubblico e quindi senza tutele, diffondendo la nostra idea di famiglia attraverso le immagini. La seconda azione, che vedrà la nostra associazione unita in un impegno simultaneo e contemporaneo in tanti territori, è la maratona di lettura Chi ha paura del libro cattivo?, che si svolgerà domenica 13 dicembre in 49 circoli dell’Arci, diffusi in tutto il paese. Sappiamo bene che la paura scatenata dall’ignoranza è un sentimento potente. Negli scorsi mesi alcuni sindaci hanno deciso di mettere al bando libri di favole illustrate per bambini dai nidi e dalle scuole dell’infanzia delle loro città, perché ispirati alla fantomatica teoria gender. È stato vietato l’utilizzo di spazi pubblici per la presentazione di libri (in particolare quello della brava e coraggiosa Michela Marzano Papà, mamma, gender). Si tratta di una vicenda paradigmatica che tiene insieme, in modo esemplare, alcuni temi fondamentali: la censura, l’educazione e il sistema pedagogico, la libertà di espressione. Questa vicenda, inoltre, diventa molto più rilevante se riusciamo a vederla come un tassello inserito in un quadro più complesso che vede espandersi il movimento in difesa della famiglia tradizionale, le manifestazioni di piazza e i seminari organizzati dai vari Le Manif pour Tous e Sentinelle In piedi, e comprende l’ostilità verso i nostri comitati che promuovono nelle scuole percorsi formativi sulla parità di genere. Lo spauracchio della teoria gender è riuscito a diventare in questi ultimi mesi una grottesca catena di Sant’Antonio, impastata di banalità e di procurati allarmi a tratti comici ma molto pericolosi, in grado di alimentare le paure di tanti genitori e persuadere pezzi dell’opinione. Un fuoco di fila, insomma, che come già accaduto in passato vive una recrudescenza tesa a fomentare divisioni e confronti aspri (attraverso l’attivismo delle associazioni del Family Day, discussioni sul tema dell’omogenitorialità), ogni volta che il paese si accinge a colmare l’enorme vuoto normativo sul tema dei diritti civili. Ecco allora che, nel momento in cui al tempo stesso si alimenta un clima di censura da una parte e di negazione di diritti dall’altro, che resta fondamentale è compito della nostra associazione, l’Arci, esporsi, prendere parte, dire la propria per denunciare atti e tendenze di censura arbitraria e irragionevole, passi indietro sui temi della laicità, arretramenti rispetto a un sistema scolastico che invece dovrebbe educare all’uguaglianza, al rispetto delle diversità, al contrasto all’omofobia, alla parità di genere. ArciReport numero 43, 11 dicembre 2015 originale su http://www.arci.it/editoriale/
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Agosto 2018
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