La tragedia che si è consumata in pochi minuti davanti agli occhi dei volontari di Sea Watch è la drammatica dimostrazione delle conseguenze concrete dell’accordo tra Italia e Libia. La guardia costiera libica, con una motovedetta pagata dal contribuente italiano (visto le risorse che il nostro paese versa in base a quell’accordo), esegue, per conto del nostro governo, i respingimenti vietati dalla legge. Si commette - davanti agli occhi di tutto il mondo grazie alla denuncia di Sea Watch - e provocando una strage (50 persone morte in pochi minuti) un’azione illegale, perché vietata dalla nostra legislazione e da quella internazionale, ma la si affida alla guardia costiera di un paese che a quelle regole non si attiene, in modo che la responsabilità non venga ricondotta al nostro governo. Per fermare la strage bisogna bloccare l’accordo con la Libia, cancellare il codice per le ONG che di fatto ne ha impedito l’azione provocando un aumento dei morti in mare, ripristinare un programma pubblico di ricerca e salvataggio, come fu Mare Nostrum, aprire con urgenza vie di fuga sicure almeno per le categorie vulnerabili - minori, donne e persone con problemi sanitari - oggi ancora prigioniere nell’inferno libico o che in quell’inferno vengono riportate dalla guardia costiera libica. Senza questa netta inversione di marcia qualsiasi parola spesa a commento delle terribili immagini di quella tragedia non sortiranno effetto. L’accordo con la Libia, come quello precedente con la Turchia di Erdogan, riportano l'Europa ai suoi tempi più bui, quando, davanti alle migliaia di persone deportate, uccise, torturate per anni i governi europei hanno preferito fingere di non vedere. La vera emergenza democratica sta nel dilagante razzismo, che si alimenta grazie alla retorica di un’invasione che non c’è. Fermare subito le stragi, questa è l’unica vera emergenza. Roma, 10 novembre 2017
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