di Maria Chiara Panesi, responsabile nazionale Arci Laicità e diritti civili Partirà da Piazza della Repubblica il lungo corteo che attraverserà le strade della capitale per il Roma Pride di sabato 10 giugno. Un corteo colorato e festoso, composto da uomini donne e bambini che marcerà per i diritti delle persone omosessuali, transessuali, bisessuali e transgender sotto il segno di uno slogan che va dritto al segno: Corpi senza confini. «Mettere al centro i nostri valori, i nostri corpi, i nostri amori e la nostra libertà», questo recita il documento politico che tiene insieme rivendicazione e denuncia ponendosi a fianco di chiunque venga marginalizzato, discriminato o escluso a causa della propria diversità. Arci ha scelto ancora una volta di esserci, convintamente, contro ogni discriminazione e a difesa di pari diritti per tutti i cittadini. Di esserci camminando fianco a fianco, scegliendo di combattere le stesse battaglie ed alzando la voce insieme a tanti nostri compagni e compagne. Cammineremo insieme perché crediamo che ogni amore abbia diritto di vivere senza ostacoli, senza essere deriso, oltraggiato perché altri hanno deciso che è immorale e contro natura. Secondo quale morale e quale natura poi? Il Pride diventa dunque un momento fortemente simbolico, il momento delle lotta e dell’orgoglio, della visibilità, il momento in cui rivendicare il diritto di essere e di amare liberamente, alla luce del sole. Un momento ancora oggi necessario a quasi 50 anni dai moti di Stonewall, in una società che ancora nasconde e marginalizza, che non accetta la diversità e tenta di rimuoverla, come uno stigma, come qualcosa di socialmente inaccettabile. E sono ancora una volta le pagine di cronaca a parlare, a far cadere il velo su un paese che non riesce a domare i propri demoni. È il tema di un ragazzino di appena 12 anni vittima di bullismo omofobico ad inchiodarci alle nostre responsabilità, un atto di grande coraggio e di liberazione. Ivan, così lo abbiamo chiamato, ha scelto di rompere il silenzio e di raccontare la propria realtà fatta di umiliazioni tollerate in silenzio, di insulti e di botte subite dai compagni di scuola. «Sono diverso, non sbagliato», parole che colpiscono al cuore e mettono a nudo tutta la meschinità di una società che insegue la modernità ma non sa accettare la diversità. Un fallimento, per una società che non riesce a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo dell’uomo. Parole che chiamano a responsabilità e che non possono essere messe a tacere, una ferita aperta per la società intera. È per Ivan e per tanti ragazzini come lui che dobbiamo con fermezza scagliarci contro qualsiasi forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale e rivendicare piena uguaglianza costruendo modelli relazionali paritari, in cui nessuno debba sentirsi un passo indietro. Ed ecco allora che anche per questo il Pride diventa un appuntamento centrale, in cui le identità sessuali vengono espresse senza timori, in cui le persone rivendicano la libertà di essere, pensare, agire ed esprimersi senza costrizioni. L’esaltazione della libertà, quella libertà purtroppo per alcuni solo a tratti assaporata e soffocata dalla paura di uscire allo scoperto. Ma purtroppo c’è ancora chi, anche a sinistra, vede nei Pride una manifestazione provocatoria, una sorta di ostentata esibizione della diversità. Distogliendo evidentemente lo sguardo dal dato reale, che vede secondo un sondaggio dell’Unione europea del 2014 l’Italia al 1° posto nella classifica dei paesi più intolleranti. Il 10 giugno per le vie di Roma saremo anche noi #corpisenzaconfini, senza quei confini imposti da una società che si scaglia contro chi è diverso, che vuole imporre un’identità o soffocare una libertà. Corpi che non accettano i limiti imposti dalla cultura dominante e che rivendicano libertà, senza ostacoli né frontiere, #senzaconfini.
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Agosto 2018
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