Si è da poco concluso il primo G7 con Trump presidente degli USA. In una Taormina spettrale si è assistito alla messa in scena organizzata dai 7 ‘grandi’. Come già avvenuto a Roma al precedente vertice sull’ambiente, Trump non ha voluto confermare gli accordi di Parigi, sottoscritti da 184 paesi. Uno spreco di denaro infinito per mettere in scena una farsa con il sapore della sconfitta per tutti quei paesi che a Parigi si sono impegnati per la riduzione delle emissioni di CO2. Trump, infatti, a breve deciderà sull’uscita dai protocolli sul clima, infliggendo, di fatto, un colpo mortale alla lotta ai cambiamenti climatici così come, con le rigide politiche di chiusura e controllo dei confini, mortifica il progetto di una responsabilità condivisa nella gestione dei flussi migratori. Uno schiaffo alle politiche di Obama e all’Europa. Gentiloni, con toni molto morbidi e concilianti, ha affermato che il vertice «ha funzionato alla grande»; la Merkel ha usato parole chiare, di verità, definendo il summit «estremamente problematico, per non dire insufficiente». Sembra che il solo governo italiano, imprigionato nel ruolo di ‘padrone di casa’, non si sia accorto del fallimento del G7 di Taormina. Fallimento che segna probabilmente l’inizio della fine dei raduni dei grandi del mondo. Non servono concretamente a nulla e non hanno più neanche un valore simbolico, soprattutto considerando il numero crescente di convitati di pietra (Russia, Cina). Evidenziano unicamente le contraddizioni di alcuni governi, ad iniziare da quello italiano che dopo la firma degli accordi di Parigi nulla ha fatto per definire tempi e modalità stringenti di abbandono dei combustibili fossili a sostegno delle energie rinnovabili. Anzi, sono ancora più di 14 miliardi di euro all’anno i sussidi pubblici italiani alle energie fossili e il rapporto tra il governo italiano e le grandi multinazionali dell’energia è sempre più stretto. L’unico risultato raggiunto a Taormina è il duro colpo che è stato inferto alla democrazia italiana. Il Questore di Reggio Calabria, infatti, ha prima trattenuto e poi comminato il foglio di via obbligatorio, con divieto di far ritorno nel Comune di Villa San Giovanni (RC), senza preventiva autorizzazione e per tre anni, a decine di compagni che intendevano manifestare pacificamente contro le politiche neoliberiste. Un fermo preventivo che ricorda altre epoche ed altri governi. Un tentativo di criminalizzare il dissenso politico, ridurre gli spazi di partecipazione e rincorrere la destra sul terreno delle politiche securitarie. Mettere in campo la partecipazione popolare è essenziale per ricostruire nuovi spazi democratici, rinnovare gli strumenti di controllo e condivisione delle scelte che interessano le comunità, sconfiggere le politiche protezionistiche e negazioniste dei cambiamenti climatici, xenofobe e belliciste. Per questo e con questo spirito parteciperemo alla mobilitazione promossa da organizzazioni sociali e movimenti in occasione del G7 Ambiente di Bologna di metà giugno, per dar vita tutti insieme ad un modello alternativo all’attuale sistema economico che distrugge le risorse naturali, cancella lo stato sociale e concentra la ricchezza in poche mani. di Filippo Sestito, coordinatore nazionale Arci Ambiente, difesa del territorio, stili di vita fonte: http://forum.arci.it/editoriale/
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Agosto 2018
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