Ieri il Senato ha approvato una legge sulla tortura che per chi da anni si batte per l’introduzione di questo reato nel nostro ordinamento rappresenta una beffa. “Legge truffa” la definiscono in un appello firmato tra gli altri dal pm Zucca, che indagò sulle violenze alla Diaz durante il G8 di Genova, da Lorenzo Guadagnucci che di quelle violenze fu vittima, e da Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, sulla cui morte, avvenuta mentre era sotto la custodia della polizia, ancora si indaga.
Nell’appello si chiede alle organizzazioni più sensibili al tema dei diritti umani di impegnarsi con forza perché il testo venga modificato alla Camera, dove arriverà per la quarta lettura, se mai ci arriverà prima della fine della legislatura. E’ dal 2014 infatti che la legge ha iniziato il suo iter, contrastato violentemente dalle destre che si ergono a paladine delle forze dell’ordine, a prescindere dai loro comportamenti. L’adozione del reato di tortura è un obbligo cui l’Italia non ottempera dal 1988, quando ratificò la convenzione Onu, al cui testo dovrebbe adeguarsi. Invece, il testo uscito dal Senato peggiora quello della Camera, restringendo la fattispecie del reato e delimitandone la punibilità. Si è punibili, infatti, se il fatto è compiuto mediante “più condotte” che comportino un trattamento inumano e degradante. Quindi il singolo atto di violenza potrebbe anche non essere punito, così come non viene applicata la pena nel caso che le sofferenze sia indotta da legittime misure preventive o limitative dei diritti. L’ennesimo pasticcio legislativo, che renderà di difficile applicazione la legge e che per questo motivo non è stata votata anche da esponenti del partito di maggioranza, come Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del Senato, che per primo depositò a inizio legislatura una proposta di legge contro la tortura. Noi, insieme alle tante associazioni che quotidianamente lavorano per l’affermazione dei diritti, chiediamo che il testo approvato dal Senato venga profondamente modificato. Non si può prendere il giro chi ha subito violenza inaudite, come a Genova nel 2001, le famiglie di chi di tortura c’è morto o i tanti sconosciuti che ogni giorno subiscono soprusi da parte di agenti che con i loro comportamenti gettano discredito su tutte le forze dell’ordine. Roma, 18 maggio 2017 Paola Ciabatta - Segreteria di Presidenza Dichiarazione di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci
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Da oggi, sciopero dei lavoratori dell’Unità ad oltranza: una forma di lotta mai usata prima per denunciare il comportamento arrogante e antisindacale dell’editore. Come comunica il cdr del quotidiano, si annunciano 20 licenziamenti su un totale di 28 lavoratori, gli stipendi non vengono pagati in base a un vero e proprio ricatto, non è mai stato presentato un piano editoriale di rilancio del quotidiano. Noi siamo solidali con le lavoratrici e i lavoratori, li sosteniamo nelle loro giuste rivendicazioni e chiediamo che venga discusso al più presto un piano di rilancio. C’è bisogno di più libertà e pluralismo nell’informazione, e invece sono tante le testate in crisi e che potrebbero chiudere. Non possiamo rischiare che si spenga anche una voce come quella dell’Unità che ha rappresentato un pezzo importante della storia e della democrazia di questo Paese. Roma, 16 maggio 2017 Dichiarazione di Francesca Chiavacci, Presidente nazionale Arci L’operazione della Dda di Catanzaro contro il clan Arena di cui oggi abbiamo notizia ha sicuramente inferto un colpo importante alle attività economiche della ‘Ndrangheta. Come associazione da anni impegnata nella lotta alle mafie accogliamo con favore una simile operazione di disinnesco delle infiltrazioni economiche e politiche delle cosche mafiose. Tuttavia ci preoccupano le conseguenze che potrebbe avere l’accusa di gestione criminale del Cara di Isola di Capo Rizzuto. In attesa che la giustizia faccia il suo corso l’ARCI, da sempre in prima fila per la difesa dei diritti di migranti e rifugiati, richiama chi ha responsabilità politiche e istituzionali, nonché i giornalisti e la stampa, a non trasformare una vicenda di cui i rifugiati e il sistema d’accoglienza sono vittime, nell’ennesima campagna contro il diritto d’asilo e il diritto ad una accoglienza dignitosa. I primi a subire le conseguenze di un’eventuale gestione criminale dell’accoglienza sono proprio le persone che sono costrette a vivere in centri gestiti, troppo spesso, da soggetti non competenti e senza scrupoli. Da anni denunciamo le conseguenze di un sistema d’accoglienza nel quale i grandi centri attirano gruppi e soggetti che non hanno alcuna competenza in materia, attirati solo dal possibile guadagno. I grandi centri diventano troppo spesso grandi ghetti, separati dalle comunità locali e nei quali facilmente si creano spazi per la criminalità organizzata. Ancora una volta ribadiamo la necessità di chiudere questi giganteschi luoghi di emarginazione, a favore di una rete diffusa di piccoli centri, sul modello dello Sprar, sotto la responsabilità delle amministrazioni locali e con la regia di Regioni e Ministero dell’Interno. Chiediamo, inoltre, che venga istituito al più presto un registro delle organizzazioni che svolgono attività a favore dei rifugiati e per il diritto d’asilo e che l’iscrizione a questo registro venga condizionata alla presenza di esperienza e competenza comprovata, nonché all’assenza di procedimenti a carico. Chiediamo infine che vengano valorizzate le attività di chi si batte per i diritti dei rifugiati, evitando di trasformare questa vicenda nell’ennesima campagna discriminatoria contro i diritti dei migranti. Roma, 15 maggio 2017 Mentre l’Europa festeggia lo scampato pericolo della Le Pen alla presidenza della Francia, i morti da frontiera aumentano ed è sempre più evidente che si tratta di una strage immensa.
Una strage di cui sono responsabili i governi e l’Unione Europea, che continuano a non voler prendere atto della tragedia alla quale stiamo assistendo. Una classe dirigente miope e cinica che da un lato ricorre alle parole d’odio per raccogliere consensi, come fa la destra xenofoba e razzista, e dall’altro punta a fermare i flussi firmando accordi con partner inaffidabili o impresentabili. E’ di ieri la nota dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, che ripete ancora una volta che bisogna consentire ingressi sicuri e legali e mettere in campo un programma di ricerca e salvataggio, ringraziando intanto la Guardia Costiera e le ONG per il lavoro che fanno. Impropriamente, si dovrebbe aggiungere. Perché un programma di ricerca e salvataggio, come è stato nel 2013 Mare Nostrum, lo dovrebbe promuovere e organizzare l’Unione Europea, non le associazioni, la Guardia Costiera (cui comunque competerebbe un ruolo importante) o i programmi di controllo e monitoraggio delle frontiere dell’agenzia Frontex. Per rispondere alle polemiche surreali e pretestuose sul ruolo delle ONG e per evitare che i morti del 2017 si moltiplichino, superando il già macabro risultato del 2016, è necessario cambiare immediatamente rotta:
Senza misure giuste ed efficaci le persone continueranno a morire e a pagare i trafficanti per raggiungere l’Europa. Sono le frontiere chiuse - è bene ricordarlo ancora una volta - la mancanza di vie d'accesso sicure e legali, sia per lavoro che per chiedere protezione, a produrre gli affari sulla pelle delle persone, i morti, le tragedie e le violenze diffuse (in particolare in Libia verso i migranti). Noi continueremo a ricordare al governo italiano e a agli altri governi dell’UE che se ci fosse la possibilità, non per centinaia di persone, ma per milioni di persone, di entrare senza doversi mettere nelle mani dei trafficanti, non avremmo né morti né bisogno di ONG che salvino vite umane. Dichiarazione di Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci 9 maggio 2017 L’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), organo dell'Onu, è stato oggetto di una manifestazione “vandalica” di alcuni componenti del movimento di destra Forza Nuova. Qualche decina di manifestanti hanno occupato lo spazio esterno della sede dell’organizzazione a Roma e appeso uno striscione contro le Ong che effettuano operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, accendendo fumogeni, urlando slogan contro l’immigrazione e arrivando a schernire un migrante che stava entrando negli uffici. Condividiamo in pieno la ferma condanna e denuncia della gravità dell'episodio espressa dal direttore dell'Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo, Federico Soda, secondo il quale "colpire in modo vandalico una organizzazione delle Nazioni Unite impegnata nel campo della migrazione non aiuterà ad affermare le posizioni di stampo xenofobo che i manifestanti si propongono di diffondere". Intanto il procuratore Zuccaro di Catania, alla commissione Difesa del Senato, dichiara che secondo lui l'Italia non è in grado di accogliere "migranti economici" e continua nella campagna di denigrazione delle Ong che svolgono operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Una campagna che sta già producendo frutti avvelenati – come i fatti di Roma dimostrano - e che sdogana i peggiori comportamenti xenofobi e razzisti. Dichiarazione di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci Roma, 5 maggio 2017 |
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Agosto 2018
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